Il Signor Pioggia (di Federico Apostoli)

Pubblicato il 23 Marzo 2016

A Londra, sui tetti del palazzo del Parlamento del Regno Unito, scendeva a scrosci la pioggia, riempiendo le grondaie e inondando le strade. Il signor Pioggia, seduto sopra la grande tettoia, lungo il Tamigi, osservava triste la sua pioggia inzuppare i passanti fuggiaschi, impegnati a ripararsi. Il signor Pioggia interrogandosi si chiedeva cosa fare per non portare più il grigiore e il freddo e perché le persone non si allertassero più a tal modo al suo arrivo. Forse avrebbe potuto far smettere di piovere, ma d’altro canto se non avesse fatto più piovere non sarebbe stato più il signor Pioggia; di lui cosa sarebbe rimasto se non una triste anima fra le tante? Cominciò a chiedersi se fosse davvero necessaria la sua esistenza e pensava: “A cosa dovrebbe mai servire qualcuno che porta sempre il maltempo? Qualcuno che fa bloccare le strade e fa prendere il raffreddore a grandi e piccini?”.

Quando ad un tratto, una piccola e goffa sagoma apparve in mezzo alla nebbia; e con passo barcollante la vide avvicinarsi, assolutamente indifferente al maltempo che la sovrastava. Appena si rese conto che qualcuno si stava avvicinando, il signor Pioggia si rese conto di aver a non più di qualche metro da sé un uomo buffo di media statura, con grandi baffi bianchi e dai sontuosi vestiti rossi e bianchi, con una cintura in pelle. “Signor Pioggia, nè vero?” gli chiese il curioso omino. “Ehm… Sì, sono io”. “Che piacere vederla! Io sono il Cantastorie. Ma come mai un musone così triste?”. “Piacere di conoscerla, ma vede, sono così triste perché io sono la pioggia e a nessuno piace la pioggia. E dopotutto perché mai dovrebbe piacere? Dove va la pioggia porta solo guai e fastidi”. “Ma no, su… Non dica così signor Pioggia! Mi sembra davvero molto esagerato dire che a nessuno’ piace la pioggia e che porta solo ‘guai e fastidi’!”. “Lei dice?” gli chiese incuriosito il signor Pioggia, mentre qualche lacrimuccia gli rigava il volto. “Ma sì, certo, signor Pioggia!”. Seguì un attimo di silenzio, durante il quale il signor Pioggia abbassò il triste sguardo sull’asfalto della strada, e poi il Cantastorie continuò: “Sa signor Pioggia, ci sono un paio di cose che le devo far vedere. Dai, su, si alzi da quella tettoia, si asciughi il volto e mi faccia un bel sorriso, ché dobbiamo andare!”. Cosicché il signor Pioggia si alzò dal tetto a mezz’aria, si asciugò il viso e rivolse lo sguardo al Cantastorie. Passò qualche secondo in silenzio, aspettando che il Cantastorie gli indicasse la strada, verso la quale incamminarsi, quando ad un tratto quest’ultimo disse: “E il sorriso, signor Pioggia? Senza di quello non possiamo mica andare. Su, mi venga incontro… se non mi fa un sorriso come faccio a lavorare con lei?”. Allorché il signor Pioggia, un po’ stranito dall’ultimo commento del suo nuovo amico, si sforzò di fare un bel sorriso, benché molto forzato. “Ok, molto bene signor Pioggia! Ora possiamo andare” rispose il Cantastorie, tornato di buon umore.

Fu così che cominciarono il loro cammino passeggiando su qualche nube e nuvola di passaggio. Camminarono per qualche tempo, finché non giunsero davanti ad un vecchio paesino ai piedi di un monte, ricco di  vegetazione e flora. “Ha visto che bel paese, signor Pioggia?” come arrivarono, dei nuvoloni grigi apparvero nel cielo e in men che non si dica una grande pioggia scese sul paese. “Ha visto signor Cantastorie? Dove vado imperversano la pioggia e il freddo”. “Mantenga la calma, caro amico. Non si è ancora manifestato ciò che le volevo far vedere”. Di nuovo il signor Pioggia rimase sbigottito dalla risposta del suo amico, cosicché decise di rimaner in silenzio finché non avesse visto tutto ciò che il suo amico gli voleva mostrare.

“Ah, ecco, bene, cominciamo da qui” disse il Cantastorie, facendo cenno al suo amico di avvicinarsi mentre si addentrava in una grande foresta. Entrambi comodamente seduti sul ramo di un alto albero, rimasero per qualche secondo in silenzio, guardando la pioggia scendere. “Stia a guardare, signor Pioggia”. La pioggia, come gocce di rugiada, scendeva elegantemente dalle foglie degli alberi, scivolando di volta in volta dall’una all’altra. La terra umida assorbiva l’acqua, accompagnata dal suo gocciolar, gli animali più piccoli, amorevolmente, riposero i loro cuccioli nelle tane nascoste nella terra e fra gli alberi, mentre la rana, dal canto suo, si tuffò nello stagno, nuotando per qualche tempo di qua e di là. Intanto la frutta fresca, accarezzata dall’acqua, dondolava a destra e a sinistra, apparendo ancor più colorata di quanto già non fosse e condividendo le sfumature colorate con gli alberi primogenitori.

“Mi dica signor Pioggia, non le pare uno spettacolo piacevole?” Il signor Pioggia, sorpreso da tanta meraviglia, rispose con un lieve sorriso e disse: “Sì signor Cantastorie, trovo che sia davvero un bello spettacolo”. “Sa signor Pioggia, se non ci fossero le sue precipitazioni chi nutrirebbe la grande flora delle foreste, i fiumi e i laghi, nonché gli animali che vi si abbeverano? Chi rinfrescherebbe i campi dei contadini e le gole delle montagne?”. “Sì, ha ragione, un po’ mi sorprende che non me ne sia accorto prima” rispose, riflettendo su tutto ciò. Il Cantastorie gli rivolse lo sguardo con un largo sorriso e disse: “Ma venga, ci sono ancora delle cose che le devo far vedere”. Cosicché con un leggero tonfo, scese dall’alto ramo su cui erano seduti, e camminando sull’umida terra si incamminò verso il paese, dove il signor Pioggia lo seguì.

Arrivati alle porte del paese, su cui aveva da poco iniziato a piovere, salirono su un tetto e con attento passo camminarono lungo una schiera di case. Poco dopo il Cantastorie disse: “Faccia silenzio signor Pioggia, shhh!”, abbassandosi sulle gambe. Al bordo di un largo tetto, affacciato sul mare, i due uomini sbirciarono silenziosamente due piccole sagome, una a fianco all’altra, sotto la grande tettoia di un porto, non molto lontano da lì. Stringendo gli occhi il signor Pioggia riconobbe in quelle sagome una ragazza con dei lunghi capelli castani, vestita di un elegante abito azzurro, e un ragazzo con una giacca scura e i capelli neri. La ragazza era seduta su una panca, con le gambe allungate lungo il pavimento, e gesticolava con un piccolo oggetto fra le mani, mentre il ragazzo, in piedi alla sua sinistra, stava fermo immobile, ascoltandola e osservandone i dolce lineamenti del viso, che scrutava fra i suoi lunghi capelli. Intanto la pioggia continuava a scendere sui tetti del paese riempiendo le grondaie e le strade, mentre i ragazzi, incuranti del tempo, nella loro innocenza andavano avanti a parlare fra un soffio di vento e l’altro, mantenendo sempre quella dolcezza e ingenuità caratteristiche della loro età. Fra quei grandi scrosci, dovuti alla pioggia e al vento, i due ragazzi sentivano soltanto la voce e il respiro dell’altro, che fra una parola e l’altra accompagnavano un profondo senso di comprensione e sicurezza, che poco alla volta li rafforzava mentre pensavano al futuro che li attendeva e alle speranze che nutrivano. “Trovo che anche questo sia uno spettacolo bello, signor Cantastorie” disse il signor Pioggia. “Ha visto, signor Pioggia? Forse il suo bagnar la terra non è poi cosa così brutta”. Trascorsero qualche secondo in silenzio. “Ma ora andiamo, lasciamo un po’ soli questi ragazzi… C’è ancora una cosa che vorrei mostrarle…”. Così il signor Pioggia seguì il suo nuovo amico con schiena dritta, impaziente di cos’altro dovesse mostrargli. Aspettarono che trascorresse la notte sotto una tettoia e poco prima del sorgere del sole si rimisero in marcia.

Così camminarono finché non arrivarono nei pressi di una grande casa, nel cuore del paese. Avvicinandosi ad un’ampia vetrata, il signor Pioggia cominciò a sentire una calda e accogliente voce provenirne oltre. Essendosi ancora un po’ avvicinati, lui e il Cantastorie si chinarono sulle ginocchia e con sguardo attento sbirciarono l’interno della abitazione. Come allungò lo sguardo nella villa, il signor Pioggia non poté fare a meno di notare un uomo che indossava una fine vestaglia da sera, seduto su una vecchia poltrona vicina ad un grande focolare, circondato da tre bambini seduti o sdraiati sul morbido tappeto circostante. L’arredamento della casa era molto elegante e il caldo colore delle assi di legno permeava l’abitazione di un profondo senso di accoglienza e di familiarità. L’uomo, mentre raccontava del suo vissuto, lasciava il suo sguardo affondare negli occhi estasiati dei suoi bambini, che con tanto interesse viaggiavano in questi racconti, seguendo il padre, passo dopo passo, attraverso i sentieri della sua giovinezza. Intanto la pioggia continuava a scendere a scrosci sulla tettoia della casa rafforzando ulteriormente quel senso di calore e di accoglienza che la caratterizzava. “Non trova che anche questo sia un piacevole vedere, signor Pioggia?”. “Si, signor Cantastorie. Forse ora ho capito cosa voleva dirmi con tutto questo” gli disse il signor Pioggia, lanciandogli un lieve sorriso. Il suo amico, facendo scivolare la schiena lungo il muro sottostante la finestra, si voltò verso il mare dove il sole si stava apprestando a nascere, e disse: “Vede signor Pioggia, ogni persona a modo suo sa rendere speciale ciò che la circonda, spesso senza nemmeno rendersene conto. Forse c’è chi ci riesce di più e chi ci riesce di meno, ma ad ogni modo tutti nel loro esistere possono catturare la vera ricchezza dell’esistenza e del vivere, identificandone le gemme e i tesori nascosti, di cui solo i saggi parlano”. “Ora che ho visto tutte queste cose buone, mi sento un po’ in colpa per lo stupido atteggiamento con cui mi sono considerato per tutto questo tempo”. “Ma no! Ora, signor Pioggia, non si preoccupi delle brutte cose che si sono dette, oramai sono prive di importanza… Ora ciò che è importante è che si rialzi e torni a godere del buon frutto che ogni giorno ha da proporre”. Il signor Pioggia, subito rincuorato dall’intervento dell’amico, sospirò e poco dopo aggiunse: “Grazie signor Cantastorie, ho apprezzato molto tutto questo”. “Si figuri, signor Pioggia, è stato un piacere trovare qualcun altro disposto ad ascoltare i miei racconti” rispose nuovamente il Cantastorie, allargando sul suo volto un largo sorriso. Trascorsero qualche secondo in silenzio, guardando il sole nascere all’orizzonte fra le onde del mare, quando poi il signor Pioggia disse: “Ma signor Cantastorie, pensa che si intratterrà qui ancora per un po’?”. Il suo amico in tono tranquillo gli rispose: “No, purtroppo non credo. Ci sono ancora tante persone di cui vorrei fare la conoscenza e a cui vorrei raccontare delle mie storie e sarebbe un peccato farle aspettare”. “Capisco” rispose l’amico. “Detto questo, credo che sia arrivato il momento dei saluti, signor Pioggia. È stato un gran piacere fare la sua conoscenza, spero solo che in futuro avremo ancora modo di vederci”. “Grazie ancora di tutto signor Cantastorie, è stato un vero onore fare la conoscenza di una persona del suo spessore” lo salutò sorridente il signor Pioggia, con un’ultima stretta di mano. Intanto la luce del sole nascente dall’orizzonte volò attraverso le gocce d’acqua cadenti, tracciando nel cielo uno splendido arcobaleno dai mille colori.