“UNA VITA IN 3D” – IV B Grafico Commerciale

Pubblicato il 7 Aprile 2015

Si allega a seguire:

Locandina Incontro realtà virtuale

Articolo Classe IV B Grafico Commerciale – prof. A. Del Vecchio

1. Locandina Incontro realtà virtuale (click to download)

2. Articolo

“UNA VITA IN 3D”

Multimedialità e nuove tecnologie

Mi trovavo in un vicolo cieco e correvo a più non posso. Inseguito da 2 mafiosi russi che non avrebbero reso onore alla mia carne, girai l’angolo e me ne trovai davanti un terzo. Avevo puntata alla tempia una pistola fredda come il ghiaccio. Mi arresi ed implorai pietà, mi disse di recitare la mia ultima preghiera. Non feci in tempo ad aprir bocca che sentii un click, iniziai a vedere tutto sbiaditamente e mi trovai per terra sull’asfalto bagnato, privo di sensi, ricoperto di sangue. Alzai gli occhi al cielo e vidi una scritta bianca che diceva: “Game over”.

Ci sembrano, queste, delle parole adatte per descrivere l’incontro per studenti delle IV e V superiori intitolato “La realtà è anche virtuale?”, tenutosi nell’Auditorium del Collegio Luigi Lucchini di Brescia giovedì 12 marzo. A rappresentare l’Istituto Golgi c’era la classe IV B del settore commerciale grafico.

Io, tutte le notti, volo con la mia astronave nella galassia; ed è bellissimo, ed è vero. Come è possibile…?! Con il nuovo dispositivo chiamato Oculus rift: un innovativo supporto multimediale. Indossandolo come dei normali occhiali, si è catapultati in un’altra dimensione!. Così ha catturato l’uditorio il primo relatore, Emilio Cozzi, giornalista e critico, collaboratore della rivista “Wired” e del quotidiano “Il sole-24 ore”.

Quando inizia a parlare, appare subito chiaro che sono i videogiochi i veri protagonisti di questa mattinata all’insegna dell’informazione. Basti dire che essi sono la forma di intrattenimento con il più alto incasso annuale – 25 miliardi di dollari nei soli Stati Uniti, contro i 12 miliardi del cinema e i 9,7 della musica – per capire quanto sia, al giorno d’oggi, alto il bisogno di poter fare degli errori e potervi rimediare tramite il tasto “Try again” (Prova ancora). Noi – afferma Cozzi – sentiamo solitamente parlare di videogames in due casi: quando ci consigliano di comprarli e quando ci dicono che fanno malissimo; ma il dibattito, a parer mio, dovrebbe essere molto più articolato e documentato.

Per mostrare la possibile evoluzione tecnologica, il giornalista mostra agli studenti un cortometraggio realizzato da due alunni dell’Accademia d’arte di Gerusalemme: il tema è quello della pervasività del videogioco e di alcune applicazioni destinate alla vita quotidiana, per esempio in cucina quando si tagliano le zucchine, oppure all’incontro con una donna (l’applicazione aiuta il soggetto tramite dinamiche di gamefication a essere più performante). Il video apre prospettive inquietanti: finiremo per trasformarci tutti in macchine? È questo il messaggio che trasmettono i frame che si susseguono rapidi.

Il video seguente riguarda un gioco ideato da un giovane americano, James Vaughan, chiamato Plague Inc., che mira a infettare l’intero pianeta con un virus creato e sviluppato dal gamer nel corso della partita: si è scoperto che si basa su un modello matematico di diffusione dei batteri di una tale verosimiglianza, che l’U.S. Center for Disease Control and Prevention, che studia i casi di malattie infettive nel mondo, l’ha utilizzato per studiare il comportamento dei virus e tentare di prevenire eventuali epidemie, come per esempio quella del virus Ebola.

Inoltre le app sono oggetto di strategia di marketing attraverso dei DLC (contenuti aggiuntivi) a pagamento: queste micro-transazioni sono un modello di economia sempre più diffuso, e possono essere anche “sfruttate” per la pubblicità.

Poi, con una foto, fa intendere che ora i militari si allenano con software simulativi e questo sta diventando prassi di tutti i giorni. In realtà – spiega il giornalista – i primi software sono nati (sempre nell’ambito dell’esercito) negli anni ’30: certamente costa meno addestrare i soldati in modo virtuale piuttosto che in luoghi reali ma impervi e pericolosi…

È il campo dell’intrattenimento quello che tuttavia sembra essere destinato ad uno sviluppo maggiore, per esempio in ambito televisivo: non molti giorni fa negli USA è andata in onda una partita di hockey su ghiaccio, sfruttando una serie di telecamere dislocate tra tribune e campo di gioco, le quali fornivano una visione a 360 gradi agli spettatori che da casa volevano godersi l’emozione del live; e anche nel mondo del basket americano, il mitico campione Michael Jordan sta dando la disponibilità della propria immagine per far immergere gli spettatori nella riproduzione virtuale delle sue azioni storiche sui campi da gioco, con tanto di pubblico che esulta o meno a seconda della precisione ottenuta dalla palla nel canestro.

Giunge poi il momento di Elisa Di Lorenzo, informatica e sviluppatrice di videogames. – Io ho sempre avuto le idee chiare, quindi ho studiato questa materia fin da piccola. Ma dopo la laurea in ingegneria informatica mi sono dovuta fare un’esperienza lavorativa partendo da zero e arrangiandomi, per arrivare fino ad oggi. Bisogna proprio essere convinti per diventare sviluppatore di videogames, altrimenti si potrebbe smettere, perché è veramente stressante; ma chi ha la passione, può inventare delle storie e far divertire le persone in modi nuovi che prima non era possibile esplorare.

Elisa mostra agli studenti un video dimostrativo di Loading human, gioco virtuale che sta sviluppando per Oculus rift con i colleghi nel suo studio di progettazione, e che ha già ricevuto un prestigioso premio per l’ideazione. Si percepisce subito la tensione dell’avventura, e l’interesse dei presenti è palpabile; soprattutto dopo le parole dell’autrice: – Praticamente tu guiderai il personaggio, sarai all’interno del suo corpo e vedrai quello che vede lui. Da qui abbiamo deciso di togliere l’interfaccia per selezionare le cose da fare, e usare direttamente le nostre stesse mani. In realtà non si tratta solamente di una periferica, come pensano in molti, ma è una nuova piattaforma che qualche anno fa non era concepibile. Quando sei in una realtà virtuale, il mondo intorno a te è veramente lì, il nostro cervello viene “preso in giro”, mentre con il joystick e il televisore c’è un sostanziale distacco tra il gamer e lo strumento. Questo ha i suoi pro e contro: se qualcosa va storto nello sviluppo della storia, ci potremmo anche sentire male, ad esempio se i movimenti sono troppo rapidi, il cervello non li accetta e può creare dei problemi; i pro sono che sarai immerso e proiettato nel mondo del gioco”.

Tra i presenti, è Antonio Darkwa, uno studente del Golgi, a chiedere la parola per primo: – È possibile che la percezione che si ha del mondo virtuale, col tempo diventi così concreta da spingere alcuni a compiere atti talvolta pericolosi, nella vita reale, poiché li ha compiuti nel videogioco?

Questa è una delle critiche più diffuse da chi solleva tale possibilità – risponde Cozzi – ma secondo uno studio non ci sono rilievi scientifici che dimostrano che i videogiochi portino alla violenza; anzi, a livello statistico la maggiore diffusione di videogiochi violenti corrisponde ad un abbassamento sostanziale dei crimini; penso che per quanto il cervello possa credere ad una dimensione fittizia, il corpo non avverte tale immedesimazione.

Inoltre – aggiunge la Di Lorenzo – il cervello, attraverso l’Oculus rift, percepisce come reali gli stimoli visivi, ma a distinguere ciò che è finzione da ciò che è realtà è la sensibilità della persona, attraverso l’etica morale.

Dalle parole e osservazioni emerse dal dibattito, una cosa appare certa: come ogni strumento, il videogioco, soprattutto quello virtuale, va usato con parsimonia, bisogna sviluppare la capacità di filtrare gli elementi produttivi da quelli dannosi, e fare tesoro delle nuove tecnologie e dei nuovi sviluppi in ambito intrattenitivo, per poter migliorare come gamers ma, soprattutto, come persone.

Non è facile sentirsi trasformati in un “joystick umano”, con occhi fissi, concentrati e pronti a tutto e orecchie in ascolto di ogni piccolo fruscio; svolgere missioni, intraprendere viaggi, creare una storia e affrontare gli imminenti pericoli: certe volte ci si trova in situazioni in cui è necessario prendere una decisione fondamentale nel giro di pochi istanti. Ma non c’è bisogno di preoccuparsi, quando si ha a disposizione un’altra vita.

Questo probabilmente sarà un anno molto interessante per la realtà virtuale e le nuove tecnologie. Non si tratta più di fantascienza, ormai; ma il futuro appare quanto mai pieno di incognite, ed è affidato anche a ciascuno di noi.

L’obbiettivo della conferenza è stato raggiunto e i presenti scoppiano in un fragoroso applauso. Che dice tante cose nonostante non possa dirne nessuna.”